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Omelia del Prelato

«Con l’animo traboccante di gratitudine alla Trinità Beatissima, che ancora una volta ha prodigato la sua misericordia sulla Chiesa e, all’interno della Chiesa, sull’Opus Dei, oggi faccio mie le parole di San Paolo nella lettera agli Efesini: flecto genua mea ad Patrem, ex quo omnis paternitas in cœlis et in terra nominatur[1]. Consapevole della mia personale indegnità a ricevere l’amorevole carico che il Signore ha voluto posare sulle mie spalle, piego le ginocchia davanti al Padre celeste, da cui deriva ogni paternità nei cieli e sulla terra. Lo faccio fidando nell’intercessione della Santissima Vergine, di San Giuseppe, dei Santi Angeli Custodi, dei nostri santi Patroni e Intercessori e, in modo particolare, del Beato Josemaría, nostro dilettissimo e santo Fondatore.

»So di poter contare anche sulla preghiera del Padre, che solo un mese fa se n’è andato nella casa del Cielo, e su quella di tutti i membri dell’Opera —uomini e donne, laici e sacerdoti— che ci hanno preceduto nella dimora eterna. Inoltre mi appoggio sulle preghiere degl’innumerevoli amici e Cooperatori dell’Opus Dei di tutto il mondo, nonché, in special modo, su quelle di coloro che —per disposizione della Provvidenza divina— sono adesso per me figlie e figli carissimi in questa piccola famiglia dell’Opus Dei.

»1. Mentre vi parlo, il cuore mi batte con forza nel petto, perché mi tornano alla memoria, con inusitata vivezza, l’irripetibile figura paterna del nostro Fondatore e quella del suo primo successore alla guida dell’Opera.

»Grazie alla particolarissima paternità concessa dal Signore al Beato Josemaría per fondare l’Opus Dei, la Prelatura della Santa Croce e Opus Dei è una vera famiglia dai vincoli soprannaturali. Sul fondamento di questa paternità —di cui parteciperanno tutti i successori di nostro Padre fino alla fine dei tempi— e con il sostegno della grazia divina, nell’Opera si manterrà sempre vivo questo spirito di famiglia che le è consustanziale. Perciò possiamo applicare a nostro Padre, in tutta la loro pienezza, le parole di San Paolo: Potreste infatti avere anche diecimila pedagoghi in Cristo, ma non certo molti padri, perché sono io che vi ho generato in Cristo Gesù, mediante il vangelo[2]. Il Beato Josemaría è e sarà sempre il Padre per antonomasia nell’Opus Dei: è lui che, con la sua risposta fedelissima e con la sua esemplare dedizione ai progetti divini, ci ha generati in Cristo a questa vocazione specifica in seno alla Chiesa; egli è il modello di quella piena identificazione con Gesù cui la Santissima Trinità chiama i suoi figli dell’Opus Dei. Ecco perché ci sembrano uscire dalla sua bocca e rivolgersi a ciascuno di noi quelle parole dell’Apostolo: Vi esorto a farvi miei imitatori, così come io lo sono di Cristo[3].

»Ma il Signore ha voluto che in questa porzione viva della Chiesa di Dio ci sia sempre un Padre, la cui presenza dev’essere come l’ombra, la rappresentazione visibile del nostro Fondatore: questo il compito del Prelato dell’Opera, chiunque egli sia. Per la seconda volta nella nostra storia, siamo stati testimoni di un mirabile evento di unità: il mistero della paternità di Dio, partecipata nell’Opus Dei dal nostro santo Fondatore in modo —permettetemi di insistere— unico ed irripetibile, si è reso di nuovo presente in questa famiglia unita da vincoli così solidi.

»Il solenne ingresso del Prelato nella chiesa prelatizia esprime, nei segni liturgico-sacramentali di questa cerimonia, la realtà di cui ancora una volta siamo stati appena testimoni nell’Opus Dei. Infatti, mediante l’elezione canonica e la successiva conferma della Sede Apostolica, il Sommo Pontefice ha affidato al nuovo Prelato la cura pastorale di questa porzione del Popolo di Dio e gli ha conferito la sacra potestas[4] sui fedeli della Prelatura, sacerdoti e laici, che egli regge come Ordinario proprio in tutto ciò che è connesso al lavoro pastorale della Prelatura[5]. Al Santo Padre Giovanni Paolo II, felicemente regnante, che con tanto affetto e con sollecitudine veramente paterna segue ogni passo compiuto dall’Opera, si rivolge il nostro più fervido ringraziamento, mentre la nostra preghiera per la sua Augusta Persona e per le sue intenzioni diviene ancora più intensa.

»Sebbene per me questo sia motivo di confusione —e non sapete quanto!— e mi costa fatica dirlo, adesso io sono davvero il Pastore di questo pusillus grex[6], il Padre legittimo di questa famiglia soprannaturale dell’Opus Dei. Posso e devo far mie le parole del Vangelo di questa quarta domenica di Pasqua, chiamata nella Chiesa domenica del Buon Pastore perché riprende l’insegnamento di Gesù trasmessoci da San Giovanni: Chi invece entra per la porta, è il pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore una per una e le conduce fuori. E quando ha condotto fuori tutte le sue pecore, cammina innanzi a loro, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce[7].

»Figli miei, si presenta ancora una volta al mio cuore la figura indimenticabile del nostro santo Fondatore, modello di Pastore per tutti coloro che saranno chiamati a succedergli nel governo della Prelatura. E affiorano sulle mie labbra i versi di quella antica canzone che egli tanto amava: tan buen ganadico, / y más en tal valle, / placer es guardalle[8]. Quando le sue figlie o i suoi figli intonavano queste strofe, il nostro Fondatore si sentiva inondare di tenerezza e di gioia, perché esprimono molto bene i suoi sentimenti. Anch’io, confidando nella sua benedizione dal Cielo e nel vostro aiuto, oso dire: pues tanta alegría / me da este ganado, / que tengo jurado / de nunca dejalle, / mas siempre guardalle[9].

»Però, figli miei, com’è ingente il peso che il Signore e voi avete posato non tanto sulle mie spalle, ma nel mio cuore! È duro, ma nello stesso tempo dolce: infatti sono fermamente convinto che il giogo di Cristo è soave e il suo carico leggero[10]. Perciò, adoro il Padre celeste e accolgo i suoi imperscrutabili disegni, ma devo supplicarvi di pregare lo Spirito Santo per questo pover’uomo che è adesso il vostro Pastore, affinché Egli mi colmi dei suoi doni e delle sue grazie, consentendomi così di svolgere fedelmente il compito che mi ha affidato. Se il Padre che abbiamo appena perduto in terra —non lo ringrazieremo mai abbastanza per tutto quello che ha fatto per l’Opera— diceva di aver bisogno di più preghiere del nostro Fondatore, perché era succeduto ad un santo, che cosa devo dire io, che ho raccolto l’eredità di due santi?

»2. Quando si entra in questo tempio, sede del Prelato dell’Opus Dei, lo sguardo si sofferma immediatamente sull’immagine della Madonna che lo presiede, sull’urna dove riposa il sacro corpo del Beato Josemaría e sulla cattedra situata al centro dell’abside. Tre realtà il cui significato ci aiuta ad approfondire il senso della cerimonia liturgica che oggi celebriamo.

»Il quadro della Madre di Dio, con Gesù Bambino fra le braccia, ci ricorda che Lei è il canale attraverso il quale giungono fino a noi dal Cielo i doni dello Spirito Santo, fra i quali vi ricordo in primo luogo il dono della pietà, il profondo senso della filiazione divina in Cristo, che ci rende figli di Dio Padre. Sub tuum præsidium confugimus, Sancta Dei Genitrix[11]: sotto la tua protezione veniamo a rifugiarci, Santa Madre di Dio. Nei momenti salienti della nostra storia ed in ogni istante della vita quotidiana, colui che fu il nostro santo Fondatore e tuo figlio dilettissimo ci insegnò a ricorrere a Te con fiducia. Alle tue cure desidero affidare ora il ministero di Pastore e di Prelato dell’Opus Dei, che mi è stato affidato dalla Chiesa. Santa Maria, Santa Maria della Pace, Madre di Dio e Madre nostra: Tu che sei, per tante ragioni, Regina e Signora dell’Opus Dei, accogli benignamente le nostre suppliche.

»Mi rivolgo con fiducia anche all’intercessione del Beato Josemaría, il nostro amabilissimo Padre, e gli chiedo di assistermi sempre nel compito che mi attende: ottieni per questo nuovo Padre, dal tesoro inesauribile dei meriti di Cristo, le grazie del Paraclito indispensabili perché io possa esercitare degnamente questo ministero. E ricorro altresì alla preghiera del suo primo successore, Don Alvaro del Portillo, affinché il mio servizio pastorale alla Chiesa e alla Prelatura sia caratterizzato, come il suo, dalla più stretta unione con il Romano Pontefice —il nostro carissimo Giovanni Paolo II ed i suoi successori sulla Cattedra di San Pietro— e con i Vescovi in comunione con la Santa Sede. Come ha dichiarato molte volte il nostro Fondatore, a voce e per iscritto, “l’unica ambizione, l’unico desiderio dell’Opus Dei e di ognuno dei suoi figli è di servire la Chiesa come Essa vuol essere servita, all’interno della specifica vocazione che il Signore ci ha dato”[12].

»Sulla cattedra di questa chiesa prelatizia il Beato Josemaría ha fatto scolpire delle parole, tratte quasi alla lettera dallo Ius particulare dell’Opus Dei, nelle quali riscontriamo con gioia un ritratto fedele del nostro amatissimo Fondatore. Riguardo alle molte condizioni richieste al Prelato, il nostro Diritto particolare fra l’altro prescrive: eluceat prudentia, pietate, erga Ecclesiam eiusque Magisterium exemplari amore et obœdientia, erga Opus Dei devotione, erga Prælaturæ fideles caritate, erga proximos zelo[13]. Il Prelato dell’Opus Dei deve brillare per prudenza, per pietà, per amore ed obbedienza esemplari alla Chiesa e al Magistero ecclesiastico, per devozione all’Opus Dei, per la carità verso tutti i fedeli della Prelatura, per lo zelo apostolico nei confronti di tutte le anime. Il programma è arduo e solo con il soccorso copioso della grazia appare possibile compierlo. Il nostro Fondatore e il suo primo successore lo hanno vissuto alla perfezione, alimentando eroicamente nella propria vita e in quella dei membri dell’Opus Dei un ardente desiderio di santità. Chiedete al Paraclito, ve ne prego, e invitate molte altre persone a fare lo stesso, che il nuovo Prelato sia all’altezza della propria missione e sappia mantenere, in ognuna delle sue figlie e in ognuno dei suoi figli, la stessa vibrazione e l’identico impegno per la santità e per l’estensione del Regno di Cristo che è stato vissuto fino ad ora nella Prelatura.

»Il testo scolpito sulla cattedra prosegue così: sit suis subditis magister ac Pater: omnibus in visceribus Christi vere diligat: omnes effusa caritate erudiat atque foveat: pro omnibus impendatur et superimpendatur libenter. Sia maestro e Padre per tutti i fedeli della Prelatura; li ami tutti veramente nelle viscere di Cristo; tutti istruisca e protegga con affettuosa carità; doni se stesso generosamente in favore di tutti e sempre più sacrifichi se stesso con gioia[14].

»Non potremo mai saldare il debito di riconoscenza che abbiamo contratto con il primo successore di nostro Padre. Infatti, nello stesso modo in cui insegnò, fin da giovane, a vivere la filiazione al Padre nell’Opera, ci ha consegnato un esempio ammirevole anche per quanto riguarda la paternità, che assunse in piena identificazione con il cuore e la mente del nostro Fondatore. Supplico la Trinità Beatissima, per tutti quelli che guideranno l’Opus Dei col passar del tempo, la grazia di perpetuare fino alla fine dei secoli il modo con cui il primo successore di nostro Padre ha incarnato la paternità ricevuta dal nostro santo Fondatore.

»Da parte mia, elevo ferventi suppliche allo Spirito Santo perché, come il Beato Josemaría e il mio dilettissimo predecessore, ricolmi anche me dei suoi doni e faccia sì che anch’io possa esclamare con San Paolo: cor meum dilatatum est[15], il mio cuore si è dilatato per amare tutte e tutti, con amore davvero paterno, nelle viscere di Cristo.

»3. Il Beato Josemaría ci assicurò che alla scomparsa del Fondatore non sarebbe accaduto alcun terremoto nell’Opera. Così è stato. Diciannove anni fa, la vita dell’Opus Dei è continuata come quando nostro Padre era tra noi; forse addirittura con maggior impegno, se possibile —ed è sempre possibile—, da parte di tutti nello sforzo per essere fedeli alla nostra vocazione.

»Neppure ora si è verificata alcuna scossa. L’Opus Dei prosegue il suo cammino saldamente ancorato alla Volontà amabilissima di Dio e fiducioso nell’intercessione del Beato Josemaría e del suo primo successore. Il terremoto deve avvenire nell’intimo di ciascuno di noi e non solo adesso, ma sempre; anche se indubbiamente circostanze come quelle che abbiamo appena vissuto aiutano gli impulsi della grazia ad agire più in profondità e in modo maggiormente duraturo.

»Mi riferisco a quelle costanti conversioni nell’ambito spirituale che costituiscono un’esigenza della vita cristiana e che per noi, comuni fedeli, chiamati da Dio con una vocazione specifica, sono assolutamente necessarie per progredire nel cammino della santità e per compiere la nostra missione apostolica all’interno della Chiesa.

»Per questo, proseguendo la tappa della continuità nella fedeltà inaugurata diciannove anni fa con il transito al Cielo del nostro Fondatore, ognuno deve stimolare nella propria anima l’esigenza di una fedeltà rinnovata alla Chiesa e allo spirito dell’Opus Dei. E testimoniarla nel compimento amorevole degli impegni ascetici, spirituali e formativi, nella cura delle piccole cose, nel lavoro compiuto con maggior perfezione umana e soprannaturale, in un’attività apostolica personale più incisiva e feconda. Figli miei, come faceva il nostro Fondatore nei momenti importanti della storia dell’Opera, anch’io vi dico: «orazione, orazione, orazione; mortificazione, mortificazione, mortificazione; lavoro, lavoro, lavoro». Queste sono state, sono e saranno sempre le uniche armi per combattere le battaglie del Signore. Orazione, mortificazione e lavoro che possono riassumersi in quel ritornello sempre ricorrente sulle labbra del precedente Prelato: fedeltà, fedeltà, fedeltà.

»Il Signore fa affidamento su questa decisione consapevole e ferma delle sue figlie e figli nell’Opus Dei per compiere grandi miracoli nelle anime. Ricordate quel grido di Gesù che il Beato Josemaría fece proprio fin da giovane: ignem veni mittere in terram, et quid volo nisi ut accendatur?[16]; sono venuto a portare il fuoco sulla terra e che cosa voglio se non che arda? E quelle altre parole del Maestro: messis quidem multa, operarii autem pauci[17]; la messe è molta, ma gli operai sono pochi. Fra quei pochi, anche se per grazia di Dio fossimo tanti, ci siamo anche noi, fedeli dell’Opus Dei. Il Signore desidera ardentemente che tutti gli uomini e tutte le donne si salvino e giungano alla conoscenza della verità[18]; ma, nella sua Provvidenza, ha voluto valersi dell’aiuto delle creature. Da te e da me, in particolare, Egli attende questo servizio apostolico, per il cui compimento ci ha concesso —con la vocazione cristiana e, come sua specificazione, con la vocazione all’Opus Dei— tutte le grazie convenienti.

»Alimentiamo quotidianamente l’anelito per le anime nella fonte sempre viva dell’Eucaristia e dell’orazione: nel Pane e nella Parola, come piaceva ripetere a nostro Padre. E così, nonostante la nostra pochezza personale, compiremo il programma propostosi fin dal primo momento dal Beato Josemaría. Diceva infatti: «dobbiamo dare a Dio tutta la gloria. Lui lo vuole: gloriam meam alteri non dabo, non darò ad altri la mia gloria (Is 42, 8). Per questo noi vogliamo che Cristo regni (...). Ed esigenza della sua gloria e del suo regno è che tutti, con Pietro, vadano a Gesù per Maria»[19].

»Figli miei, l’umanità, la Chiesa, le anime, hanno bisogno della cooperazione dei cristiani all’opera della Redenzione. Non possiamo deluderle! Perciò, ascoltiamo di nuovo il nostro santo Fondatore, che dice ad ognuno di noi: «Se sei generoso..., se corrispondi, con la tua santificazione personale, otterrai quella degli altri: il regno di Cristo: omnes cum Petro ad Iesum per Mariam»[20]. Così sia».

Al termine della Santa Messa, dopo il canto del Te Deum, il Prelato ha impartito ai fedeli la benedizione apostolica con indulgenza plenaria.

[1] Ef 3, 14.

[2] 1 Cor 4, 15.

[3] Ibid., 16 (Vg).

[4] Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, n. 19.

[5] Cfr. Giovanni Paolo II, Cost. ap. Ut sit, 28-11-1982, norma IV.

[6] Lc 12, 32.

[7] IV Domenica di Pasqua (A) Vang. (Gv 10, 2-4).

[8] (Un gregge così buono / e in una valle così bella / è un piacere custodire): Juan del Enzina, Tan buen ganadico.

[9] (E tanta gioia / mi dà questo gregge, / che ho giurato / di non lasciarlo mai, / ma di custodirlo sempre): Ibid.

[10] Cfr. Mt 11, 30.

[11] Antif. Sub tuum præsidium

[12] Josemaría Escrivá, Lettera, 31-V-1943, n. 1.

[13] Codex iuris particularis Operis Dei, n. 131, § 2.

[14] Cfr. Codex iuris particularis Operis Dei, n. 132, § 3.

[15] 2 Cor 6, 11.

[16] Lc 12, 49.

[17] Lc 10, 2.

[18] Cfr. 1 Tm 2, 4.

[19] Beato Josemaría Escrivá, Istruzione, 19-III-1934, nn. 36-37.

[20] Cammino, n. 833.

Romana, n. 18, Gennaio-Giugno 1994, p. 131-137.

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