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Omelia pronunciata nella Basilica di Sant'Eugenio, il 28-I-1992, nella cerimonia di ordinazione diaconale di venti membri della Prelatura.

Fra qualche istante, conferirò l'Ordine del diaconato a questi venti fratelli vostri, e figli miei, che, più in là, riceveranno il presbiterato dalle mani del Santo Padre Giovanni Paolo II. Da quel lontano, ed allo stesso tempo vicino, 1944, quando per la prima volta tre membri dell'Opus Dei ricevemmo l'ordinazione sacerdotale, si sono ripetute di frequente cerimonie come questa. Però ogni volta ci troviamo di fronte ad una nuova ed irripetibile manifestazione della Misericordia che Dio ha nei confronti dell'intera Chiesa e dell'Opus Dei.

Per mano della Santissima Vergine, abbiamo appena iniziato a percorrere l'anno in cui, per grazia di Dio, la Chiesa beatificherà solennemente il Fondatore dell'Opus Dei, Monsignor Josemaría Escrivá de Balaguer, nostro Padre, della cui orazione e mortificazione sono figli questi venti fratelli vostri, così come tutti quei membri della Prelatura che sino ad ora hanno ricevuto la chiamata al sacerdozio e quelli che la riceveranno lungo i secoli a venire.

Carissimi ordinandi, il fatto che la vostra ordinazione avvenga nello stesso anno della beatificazione di nostro Padre, è un ulteriore motivo, particolarmente intimo, per sentire in voi la responsabilità di essere buoni figli suoi, di imitare nella vostra la sua vita, di rassomigliargli —a un così buon Pastore— nell'esercizio santo —eroico! — di tutte le virtù sacerdotali.

Questo era ciò che l'Apostolo delle Genti chiedeva ai cristiani di Efeso, così come abbiamo appena ascoltato nella seconda Lettura: "Vi esorto dunque io, il prigionero del Signore, —scrive San Paolo— a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto, con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare l'unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace"[1].

Il Signore ci ha fatto essere protagonisti di questi tempi ricchi di segni della sua amorosa Provvidenza: durante quest'anno si commemora anche il quinto centenario del momento in cui si aprirono le porte della fede per milioni di anime che hanno vissuto, vivono e vivranno nel continente americano; le diverse nazioni europee si trovano di fronte ad un'importante crocevia; allo stesso modo, moltitudini di anime, del continente africano e dell' Asia, ma anche del vecchio mondo, abbisognano di essere rinvigorite nella fede o ad essa condotte.

Di fronte all'esempio della figura sacerdotale del nostro Fondatore, consci delle tante necessità della Chiesa, estesa in tutto il mondo e della cui universalità voi stessi, visto che appartenete a quattro continenti, siete una chiara manifestazione, possiamo domandarci: Di che tipo di sacerdoti la Chiesa ed il mondo hanno oggi bisogno? La risposta è chiara: «La Chiesa ed il mondo hanno bisogno di sacerdoti santi, cioè di sacerdoti che, consapevoli della propria limitatezza e miseria, si sforzino con decisione di percorrere i cammini della santità, della perfezione della Carità, dell'identificazione con Cristo, in fedele corrispondenza alla grazia divina»[2].

Santità ed identificazione con Cristo sono una medesima realtà. Le parole del Signore, che abbiamo ascoltato nel Vangelo della Messa, concretizzano un aspetto essenziale del cammino che porta all'identificazione con Gesù Cristo: "colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro schiavo; appunto come il Figlio dell'uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti"[3]. Ricordo a me stesso, a voi, candidati al diaconato, e a tutti i fedeli presenti l'anelito vissuto e praticato costantemente da Mons. Escrivá: essere un altro Cristo, anzi, lo stesso Cristo, che assume la nostra carne mortale per servire, per redimere l'umanità intera.

Il diaconato che state per ricevere ha come specifica caratteristica propio il "servizio": siete stati chiamati da Dio a servire tutti gli uomini, tutta la Chiesa, e, in particolare, il popolo di Dio che costituisce la Prelatura dell'Opus Dei. Questa chiamata al servizio non è limitata nel tempo, non si esaurirà al momento della vostra ordinazione sacerdotale: l'intera vostra vita, a partire da oggi, acquista un particolare significato di servizio: un altro modo di realizzare quel servizio a Dio ed alle anime che, per la vocazione cristiana nell'Opus Dei, avete già vissuto durante anni.

Il nostro Fondatore era solito affermare che "per servire, servire": per poter realizzare sul serio quel desiderio di servizio dobbiamo essere ben preparati. E che tipo di preparazione richiede il diacono, il sacerdote, per poter servire tutte le anime e l'intera Chiesa? Abbiamo già ricordato che la Chiesa ha bisogno di sacerdoti santi, eroicamente santi; questa è la prima e fondamentale condizione. Oggi, festa di San Tommaso d'Aquino, la cui figura è un chiaro esempio di sintesi tra formazione dottrinale e vita d'orazione, vi rammento con tutte le mie forze di Pastore e di Padre vostro che tale santità deve basarsi su di una profonda formazione.

Con parole molto chiare il Santo Padre afferma che «abbiamo bisogno di Sacerdoti dotati di saldo senso teologico, in ascolto attento della Sacra Scrittura, della Tradizione e del Magistero»[4]; sacerdoti che siano capaci di imitare i nostri primi fratelli nella Fede, che Sant'Agostino così descrive: «ciò che hanno trovato nella Chiesa hanno tenuto; ciò che hanno imparato hanno insegnato; ciò che hanno ricevuto dai padri hanno trasmesso ai figli»[5]. Abbiamo bisogno di sacerdoti —mi permetto di aggiungere— decisi a seguire fedelmente il cammino di amore ardente alla Chiesa e alle anime percorso da Mons. Escrivá.

Così dunque, come tante volte ci disse il nostro amatissimo Padre, la santità esige dottrina ed acquisire la dottrina richiede sforzo: «per essere santi, dobbiamo essere anime di dottrina, persone che hanno saputo dedicare il tempo necessario, nei luoghi opportuni, per mettere nelle loro teste e nei loro cuori, in tutta la loro vita, questo bagaglio del quale si devono servire per continuare ad essere, insieme a Cristo ed ai primi Dodici, pescatori di anime»[6].

Cari ordinandi, cari figli: siate molto costanti nello studio delle Scienze Sacre, con l'umiltà necessaria per capire che la formazione non finisce mai. E' un'esigenza, questa, vigorosamente sottolineata dallo spirito dell'Opus Dei. In questo modo, avendo ben assimilato la Dottrina e vivendola, con l'aiuto della grazia di Dio, sarete sempre capaci di illuminare le coscienze degli uomini nostri contemporanei. «Per essere educatore della fede del popolo —afferma il Santo Padre—, il sacerdote deve bere il Vangelo ai piedi del Maestro in ore di preghiera personale, di meditazione della Scrittura, di lode al Signore con la Liturgia delle Ore; deve approfondire ed aggiornare la comprensione ecclesiale del messaggio con uno studio assiduo che richiede un impegno di formazione permanente, oggi tanto necessario per approfondire, puntualizzare ed attualizzare le conoscenze della teologia nelle sue diverse dimensioni»[7].

Però allo stesso tempo che mettete, da parte vostra, tutto lo sforzo per comprendere e spiegare meglio la dottrina, non dimenticate giammai che Dio non potrà essere contenuto dalla vostra mente; non vi scoraggiate davanti all'impossibilità di capire o insegnare la totalità della nostra Fede: come insegnava San Cirillo di Gerusalemme «quando si tratta di Dio, è una grande scienza confessare l'ignoranza»[8]. E, mentre sviluppate la vostra formazione intellettuale, cercate anche di rendere sempre più profonda la vostra vita di pietà: infatti, a nulla serve la scienza senza una fede ben vissuta e incarnata nelle opere[9].

A voi tutti, padri e madri, fratelli e sorelle, amici e conoscenti degli ordinandi, e a tutti i fedeli della Prelatura dell'Opus Dei, rivolgo l'invito a non accontentarvi di assistere passivamente a questa cerimonia di ordinazione; per tutti deve essere, oltre che un'occasione di gratitudine nei confronti di Dio e di allegria, un buon momento per far sì che lo Spirito Santo, che discenderà sugli ordinandi nel momento della imposizione delle mani, agisca ancora una volta dentro le nostre anime, suscitando nuovi propositi di conversione, di più solida vita interiore, di fedeltà alla propria vocazione.

Alla Santissima Vergine, Madre di Gesù Cristo Sommo ed Eterno Sacerdote, affidiamo i nostri propositi di identificazione con Gesù, e la nostra preghiera per i nuovi diaconi; affinché tutti —ognuno al suo posto nella Chiesa e nel mondo— siamo fedeli servitori di Dio, della Santa Chiesa e di tutte le anime; affinché ci identifichiamo sempre di più con Cristo, come fece Maria; affinché il Signore regni senza riserve nella nostra anima —come la Vergine lo fece regnare nella sua— e la faccia ardere di quello zelo che consumava il nostro Fondatore, il Venerabile Josemaría Escrivá: regnare Christum volumus!, vogliamo che Cristo regni su tutti gli ambienti del mondo, sull'umanità intera. Così sia.

[1] Ef 4, 1-3.

[2] A. DEL PORTILLO, Sacerdoti per una nuova evangelizzazione, in "Studi Cattolici", giugno 1990, p. 391.

[3] Mt 20, 27-28.

[4] GIOVANNI PAOLO II, Discorso agli Istituti di Educazione Cattolica di Roma, 4-IV-1979, in "Insegnamenti di Giovanni Paolo II" II (1979), p. 791.

[5] S. AGOSTINO, Contra Iul. 2, 10, 34: PL 44, 698.

[6] J. ESCRIVÁ DE BALAGUER, Meditazione Con la docilidad del barro, 3-11-1955.

[7] GIOVANNI PAOLO II, Ai sacerdoti di El Salvador, 6-III-1983.

[8] S. CIRILLO DI GERUSALEMME, Catech., 6, 2; PG 33, 542.

[9] Cfr. Iac II, 17-18.

Romana, n. 14, Gennaio-Giugno 1992, p. 90-93.

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