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Il 25-VI-1992, in occasione della festa liturgica del Beato Josemaría Escrivá (anticipata al giorno precedente il dies natalis del Fondatore dell'Opus Dei, in quanto il 26 giugno si celebrava quest'anno la solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù),

Il 28 giugno 1975 celebrammo in questa Basilica di Sant'Eugenio la Messa solenne di requiem per l'eterno riposo del nostro Fondatore. Fra le lacrime, era per noi di conforto l'intima certezza che il nostro amatissimo Padre vedesse Dio faccia a faccia in Cielo, e di lì intercedesse per ciascuno di noi. Sono trascorsi da allora diciassette anni, e nello stesso luogo oggi stiamo celebrando, per la prima volta, la festa liturgica del Beato Josemaría. Una grande felicità pervade i nostri cuori. Con parole di nostro Padre, anch'io posso ripetere: ora, tutto è motivo di gioia, tutto è motivo di gioia; e affiorano alle mie labbra parole di gratitudine verso Dio: gratias tibi, Deus, gratias tibi!

Quest'anno il 26 giugno, dies natalis del nostro Fondatore, coincide con la solennità del Sacro Cuore di Gesù: si è reso pertanto necessario anticipare la celebrazione liturgica del Beato Josemaría. Volendo riconoscere in tutti gli eventi l'impronta della divina Provvidenza, tale apparente casualità ci invita a considerare la tenerissima devozione del Beato Josemaría verso il Cuore Sacratissimo e Misericordioso di Gesù Cristo, e verso il Cuore Immacolato e Dolcissimo di Maria. Fin da quando era assai giovane, egli cercò in essi la propria dimora, ed insegnò a fare lo stesso a noi, suoi figli, e a tante persone: ci spinse ad innamorarci dell'Umanità Santissima di Gesù, ad avere l'audacia di reclinare il nostro capo sul petto del Maestro, come l'Apostolo Giovanni nell'ultima Cena, affinché ci facessero impazzire di amore i palpiti del suo Cuore[1].

La seconda Lettura della Messa ci ricorda, con parole di San Paolo, che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono stati chiamati secondo il suo disegno[2]. Tutti noi abbiamo ascoltato la voce del Signore, che ci invita ad essere perfetti com'è perfetto il Padre celeste[3]. La chiamata universale alla santità costituisce il nucleo del messaggio che Dio affidò al Beato Josemaría Escrivá per diffonderlo in tutto il mondo. Per essere santi bisogna identificarsi con Gesù, e a tale identificazione si giunge soltanto tramite la via dell'amore. Essere santi vuol dire innamorarsi di Cristo, conoscerlo, trattarlo, identificare i nostri progetti con i suoi, affinché divengano il motore di tutta la nostra vita. Così, si realizzerà in noi la promessa divina racchiusa nelle parole di San Paolo: quelli che egli da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati ad essere conformi all'immagine del Figlio suo[4].

Abbiamo anche ascoltato, nella prima Lettura tratta dal libro della Genesi, la narrazione della creazione dell'uomo. Lo scrittore sacro si sofferma a descrivere lo stato in cui si trovava il mondo: nessun cespuglio campestre era sulla terra, nessuna erba campestre era spuntata, perché il Signore non aveva fatto piovere sulla terra e nessuno lavorava il suolo e faceva salire dalla terra l'acqua dei canali per irrigare tutto il suolo[5]. I piani di Dio prevedevano che l'uomo, fatto ad immagine e somiglianza del Creatore, portasse a compimento con il suo lavoro l'opera creatrice. Di fatto, la narrazione biblica così si conclude: il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse[6].

Fin dagli inizi dell'Opus Dei, il nostro Fondatore predicò costantemente come, in quel brano della Sacra Scrittura, ci viene rivelato che l'uomo è stato creato ut operaretur, per lavorare: per collaborare con Dio nello sviluppo delle potenzialità insite nella creazione. A partire dal 2 ottobre del 1928 proclamò ovunque questa verità: il lavoro costituisce l'ambito nel quale devono diventare santi milioni di cristiani, chiamati da Dio a seguire Cristo proprio lì, nell'attività comune e ordinaria che occupa la maggior parte delle ore della loro giornata. Lo ricordava il Santo Padre nell'omelia pronunciata durante la Messa di beatificazione del Fondatore dell'Opus Dei. «Con soprannaturale intuizione, il Beato Josemaría predicò instancabilmente la chiamata universale alla santità e all'apostolato. Cristo convoca tutti a santificarsi nella realtà della vita quotidiana; pertanto, lavorare è anche mezzo di santificazione personale e di apostolato quando si vive in unione con Gesù Cristo»[7].

E' innegabile che moltissime persone —nella loro attività professionale, nelle relazioni familiari e sociali, nell'agire quotidiano— hanno perso l'orientamento verso Dio, e lavorano proponendosi mete di valore effimero. Hanno dimenticato l'avvertimento del Signore: procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna[8]. Risulta provvidenziale il messaggio del Beato Josemaría Escrivá, che pone in primo piano il valore santificante del lavoro realizzato con perfezione umana e con amore di Dio, del lavoro che diviene strumento di santificazione personale e d'apostolato per dare a Dio tutta la gloria e prestare un servizio alla società. Questa sarà la via che condurrà in Cielo tanti uomini di oggi e dei secoli futuri. Leggo nuovamente le parole del Santo Padre Giovanni Paolo II, nell'omelia della Messa nella quale ha beatificato il nostro Fondatore: «in una società nella quale la passione smodata per il possesso di realtà materiali le trasforma in idoli e in occasioni per allontanarsi da Dio, il nuovo Beato ci ricorda che quelle stesse realtà, creature di Dio e dell'ingegno umano, se vengono usate rettamente per la gloria del Creatore e per il servizio dei fratelli, possono essere cammino per l'incontro degli uomini con Cristo»[9].

Il Signore, nostro Dio, è un Padre che vuole portare tutti in Cielo. Egli desidera che tutti gli uomini si salvino[10], ma rispetta la libertà dei suoi figli. Allo stesso tempo, si serve di strumenti umani per realizzare i suoi disegni di salvezza. Ricordate la scena propostaci dal Vangelo: Gesù predica dinanzi a un'immensa folla che gli faceva ressa intorno per ascoltare la parola di Dio[11]. Narra San Luca come il Signore salì sulla barca di Simon Pietro per farsi ascoltare più facilmente da tutti, gli chiese di allontanarsi dalla riva e da lì rivolse a uomini e donne, e a tutti noi, le sue parole di salvezza.

Meditando questo brano del Vangelo, il Beato Josemaría faceva notare come la scena sia sempre attuale. Anche adesso folle sterminate «desiderano ascoltare il messaggio di Dio, anche se all'esterno lo nascondono. Alcuni forse hanno dimenticato la dottrina di Cristo; altri —senza loro colpa— non l'hanno mai appresa e pensano alla religione come a qualcosa di strano. Convincetevi, però, di una realtà sempre attuale: presto o tardi arriva un momento in cui l'anima non ne può più, non le bastano più le spiegazioni abituali, non la soddisfano più le menzogne dei falsi profeti. Allora, anche se non lo ammettono, quelle persone sentono il bisogno di saziare la loro inquietudine con l'insegnamento del Signore»[12].

Quando giunge quel momento, Gesù vuole che intervengano i suoi Apostoli, che Lui stesso ha chiamato per renderli strumenti al servizio delle anime. Duc in altum!, prendi il largo, ordina a Pietro e agli altri quando ha finito di istruire la folla, calate le reti per la pesca[13]. Dopo una breve contesa fra il Maestro e il Principe degli Apostoli, questi si arrende: sulla tua parola getterò le reti. E avendolo fatto —narra il Vangelo— presero una quantità enorme di pesci[14].

Gesù vuole continuare a realizzare quella pesca divina servendosi di ciascuno di voi, proprio nello svolgimento della vostra professione. Seguendo gli insegnamenti del Fondatore dell'Opus Dei, voglio ricordarvi che quando siete con i vostri colleghi di lavoro, con i vostri parenti, con le persone che incontrate per qualsiasi motivo, in loro dovete vedere anime: anime redente dal Sangue di Cristo, chiamate a partecipare alla felicità eterna del Cielo. Se il Signore vi ha messo accanto a loro è perché li aiutiate a conquistarsi il Cielo. Come? Con la vostra amicizia fraterna, con il vostro servizio abnegato e leale, con una parola opportuna, aiutandoli ad avvicinarsi alle fonti della grazia divina, soprattutto al Sacramento della Penitenza ed alla Santissima Eucaristia. Un grande servizio questo, che potete e dovete fare ai vostri amici e colleghi: aiutarli a scoprire la meraviglia della Confessione sacramentale; la gioia di sapersi amati da «un Dio che perdona!». Così, incontrando voi nel cammino della loro vita, incontreranno Cristo: perché voi siete —tutti noi cristiani dobbiamo esserlo— alter Christus, ipse Christus, un altro Cristo, lo stesso Cristo, come diceva il Beato Josemaría: Gesù che passa accanto ai suoi fratelli, gli uomini.

Tante volte, constatando la nostra debolezza, dovremo riconoscere assieme a Simon Pietro, gettatosi ai piedi di Gesù: allontanati da me, che sono un peccatore[15]. E stupiti dinanzi ai prodigi spirituali che Dio vuole realizzare con strumenti così poveri, sentiremo la voce affettuosa di Cristo, che ci rassicura: non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini[16].

Pescatori di uomini!, strumenti di corredenzione nelle mani del Signore, nel nostro ambiente, nel nostro lavoro, nella nostra famiglia! Questo dobbiamo essere, con la grazia di Dio e la mediazione materna della Madonna. Oggi ricorriamo in modo particolare all'intercessione del Beato Josemaría Escrivá, presente dinanzi al trono di Dio, e gli chiediamo la grazia di far sì che schiere innumerevoli di persone —di tutte le razze, di tutti i continenti, di tutte le professioni— percorrano con allegria tutti i cammini della terra, trasformandoli in vie di santificazione personale e d'apostolato. Amen.

[1] Cfr Cammino, n. 884.

[2] L II (Rm 8, 28).

[3] Cfr Mt 5, 48.

[4] L II (Rm 8, 29).

[5] L. I (Gn 2, 5-6).

[6] Ivi, 15.

[7] Giovanni Paolo II, Omelia nella beatificazione dei Servi di Dio Josemaría Escrivá de Balaguer e Giuseppina Bakhita, 17.V.1992.

[8] Gv 6, 27.

[9] Giovanni Paolo II, Omelia nella beatificazione dei Servi di Dio Josemaría Escrivá de Balaguer e Giuseppina Bakhita, 17.V.1992.

[10] I Tm II, 4.

[11] Vang. (Luc 5, 1).

[12] B. Josemaría Escrivá, Amici di Dio, n. 260.

[13] Vang. (Luc 5, 4).

[14] Ivi, 6.

[15] Ivi, 8.

[16] Ivi, 10.

Romana, n. 14, Gennaio-Giugno 1992, p. 99-102.

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