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21 maggio Messe di ringraziamento celebrate dal Prelato dell'Opus Dei e dal suo Vicario Generale nella Basilica di Sant'Eugenio, e solenne traslazione processionale delle sacre spoglie del Beato Josemaría Escrivá.

Dal 27 giugno 1975, la Cripta della Chiesa prelatizia di Santa Maria della Pace, dove riposavano le spoglie del Fondatore dell'Opus Dei, è stata meta di ininterrotti pellegrinaggi. Migliaia di fedeli, di ogni ceto sociale e provenienti da tutto il mondo, sono convenuti in questo luogo ad invocare in forma privata l'intercessione del Servo di Dio presso il Signore e a rendere grazie per i favori ottenuti.

Il grande numero di pellegrini attesi a Roma per la beatificazione aveva reso necessaria la traslazione del feretro del Fondatore dell'Opus Dei in un luogo di culto più ampio. Così, con autorizzazione espressa della Congregazione delle Cause dei Santi, il 14 maggio il feretro è stato trasferito privatamente alla vicina Basilica di Sant'Eugenio a Valle Giulia e posto in un'urna. Fino al momento della beatificazione l'urna è stata velata con un drappo rosso e collocata a un lato del presbiterio, allo scopo di sottolineare che il culto al Servo di Dio si svolgeva ancora in forma privata.

Sin dal pomeriggio di domenica 17 maggio, giorno della beatificazione, l'urna è stata esposta alla pubblica venerazione, scoperta e sistemata davanti all'altare. Da quel momento, la Basilica è stata gremita da un flusso eccezionale di persone protrattosi, senza flessioni, dal pomeriggio di domenica 17 fino al pomeriggio di giovedì 21 maggio, giorno in cui S.E.R. Mons. Alvaro del Portillo ha presieduto la solenne e definitiva traslazione processionale delle spoglie del Beato Josemaría alla Chiesa prelatizia di Santa Maria della Pace.

Nel tempio, e persino nelle lunghe file di pellegrini in attesa di poter entrare a pregare, regnava un clima di preghiera e di raccoglimento che —secondo molti osservatori— ha offerto un'autentica testimonianza di fede. Nella Basilica numerosi sacerdoti ascoltavano le confessioni dei fedeli nelle diverse lingue. Sull'altare davanti al quale era stata deposta l'urna contenente le sacre spoglie del Fondatore dell'Opus Dei le concelebrazioni eucaristiche si succedevano senza interruzione.

Il programma delle solennità in onore del nuovo Beato si è concluso con le concelebrazioni presiedute dal Prelato dell'Opus Dei e dal suo Vicario Generale, rispettivamente la mattina e il pomeriggio di giovedì 21 maggio, presso la Basilica di Sant'Eugenio a Valle Giulia.

Con Mons. Alvaro del Portillo hanno concelebrato diciotto Vescovi membri della Prelatura dell'Opus Dei o soci della Società Sacerdotale della Santa Croce, provenienti da una decina di Paesi europei e americani, e alcuni sacerdoti della Prelatura. Il Prelato dell'Opus Dei ha pronunciato la seguente omelia:

1. Renderò grazie al Signore con tutto il cuore (...). Grandi sono le opere del Signore[1]. Queste parole del Salmo, che reciteremo fra poco nell'antifona alla Comunione, compendiano i sentimenti di gratitudine da cui è invaso oggi il nostro cuore. Sì: grandi sono le opere del Signore. In tutto l'universo non esiste evento paragonabile, per la sua grandezza, alla trasformazione che l'opera della grazia compie nell'uomo redento: un pugno di polvere della terra viene innalzato fino al punto di diventare partecipe della natura divina e ricevere l'adozione a figlio di Dio in Cristo[2]. Quest'ammirevole vocazione dell'uomo si è compiuta pienamente nel Beato Josemaría Escrivá: la Chiesa lo venera sugli altari e lo propone ai cristiani come intercessore presso Dio e come esempio luminoso per il nostro impegno di fedeltà alla vocazione battesimale.

Vorrei che, mentre ci apprestiamo a concludere queste giornate di ringraziamento, meditassimo ancora una volta l'insegnamento che il Signore ha voluto trasmetterci attraverso la vita e il messaggio del Beato Josemaría. Lo facciamo qui, dinanzi alle sue sacre spoglie mortali. Questo corpo fu membro di Cristo e tempio dello Spirito Santo[3]; fu strumento di cui il Signore si servì per comunicare agli uomini i frutti della Redenzione: le sue parole, i suoi gesti, il suo sorriso amabilissimo, le sofferenze che affrontò sempre con una gioia contagiosa, il suo estenuante lavoro furono il linguaggio eloquente di una continua lezione d'amore e di pace. Mi torna in mente quell'esclamazione della Sacra Scrittura che sgorgò nel mio animo il giorno del suo transito al Cielo: quam speciosi pedes evangelizantium bona!, come sono belli i piedi di coloro che recano un lieto annunzio di bene![4]

2. Già diversi anni or sono ebbi modo di annunciare ai membri dell'Opus Dei una considerazione che colsi sulle labbra del Santo Padre Paolo VI: esprimendomi la propria venerazione verso il nostro Fondatore, il Papa mi disse che egli ormai apparteneva al tesoro di tutta la Chiesa. La straordinaria diffusione della devozione privata verso la sua figura ci dimostrava che, pur continuando ad essere intimamente nostro, egli non ci apparteneva in esclusiva. Oggi vi ripeto —colmo di gratitudine e di allegria— che l'elevazione agli altari del Beato Josemaría rappresenta come l'inizio di una nuova espansione della missione ecclesiale per la quale egli fu scelto dal Signore. L'universalità del compito al quale Iddio lo chiamò —annunciare che tutte le realtà terrene sono cammino di santità— è stata sottolineata in modo solenne e tangibile. La sua beatificazione è per tutti i cristiani «una nuova chiamata alla santità»[5], un nuovo motivo di speranza, un esempio di fedeltà e di docilità a Dio nel compimento del lavoro quotidiano[6]. Voi tutti ricordate le parole pronunciate dal Santo Padre all'indomani della beatificazione: «Come non vedere nell'esempio, negli insegnamenti e nell'opera del Beato Josemaría Escrivá un'eminente testimonianza di eroismo cristiano nell'esercizio delle comuni attività umane?»[7].

Allo stesso tempo, quest'esempio e questi insegnamenti riguardano più che mai noi, figli del suo spirito nell'Opus Dei; perché così come la Chiesa ci affida le reliquie del suo corpo, ci affida anche il compito gioioso di custodire e trasmettere il tesoro dei suoi insegnamenti e del suo esempio di vita. Non c'è dubbio: la beatificazione del nostro Fondatore segna anche l'inizio di una nuova tappa nella vita dell'Opus Dei, e deve segnarla nella vita di ciascuno dei suoi membri. Una tappa di un amore più profondo verso Dio, di un più assiduo impegno apostolico, di un servizio più generoso alla Chiesa e a tutta l'umanità. Una nuova tappa, insomma, di fedeltà più piena allo spirito di santificazione in mezzo al mondo che il nostro Fondatore ci ha lasciato in eredità. Ecco ciò per cui ho supplicato incessantemente il Signore nel corso di questi giorni. Oggi rinnovo questa supplica ardente, ricorrendo all'intercessione del Beato Josemaría, davanti alle sue sante reliquie: Padre, intercedi per noi, aiutaci a corrispondere all'amore di Dio! Assistici, affinché, compiendo sempre la tua Volontà, percorriamo con gioia il cammino della nostra vocazione![8].


3. Dios conoce bien de qué hemos sido hechos, sabe que no somos más que lodo[9]. Son palabras del salmo responsorial. Verdaderamente, estamos hechos del polvo de la tierra, y experimentamos a diario la debilidad de nuestra condición. Sin embargo, podemos y debemos ser santos. ¡Que no nos detenga la conciencia de nuestra debilidad personal! «En la vida nuestra —escribió el Beato Josemaría—, si contamos con brío y con victorias, deberemos contar con decaimientos y con derrotas. Esa ha sido siempre la peregrinación terrena del cristiano, también la de los que veneramos en los altares (...). Nunca me han gustado esas biografías de santos en las que, con ingenuidad, pero también con falta de doctrina, nos presentan las hazañas de esos hombres como si estuviesen confirmados en gracia desde el seno materno. No. Las verdaderas biografías de los héroes cristianos son como nuestras vidas: luchaban y ganaban, luchaban y perdían. Y entonces, contritos, volvían a la lucha»[10]. También el Beato Josemaría se sabía de barro: de barro de botijo, solía precisar, para subrayar su fragilidad. Y esta humildad ha permitido a Dios obrar maravillas a través de la correspondencia leal, en cada ocupación, del Fundador del Opus Dei.

En la escena que nos presenta hoy el Evangelio, vemos a Jesucristo predicando a la muchedumbre desde la barca de Pedro. Cuando terminó de hablar, dijo a Simón: guía mar adentro, y echad vuestras redes para la pesca[11]. ¡Cuántas veces fue tema de la oración y de la predicación de nuestro Fundador! Hoy, ante las reliquias de su cuerpo, nos admiramos, llenos de agradecimiento a Dios, de la fecundidad sobrenatural de su vida; y nos preguntamos, una vez más, por la razón de esa eficacia.

La respuesta la encontramos en el Evangelio: si el grano de trigo no muere al caer en tierra, queda infecundo; pero si muere, produce mucho fruto[12]. Miles de almas, se han acercado a Cristo a través del Beato Josemaría porque ha sabido entregarse libremente al cumplimiento de la Voluntad de Dios, como instrumento fidelísimo en sus manos; porque no dudó en morir a sí mismo para vivir en Cristo; porque, como los Apóstoles, dejó todas las cosas para seguir de cerca al Señor, hasta identificarse con El. «Su fidelidad —ha afirmado el Santo Padre— permitió al Espíritu Santo conducirlo a las cumbres de la unión personal con Dios, con la consecuencia de una fecundidad apostólica extraordinaria»[13]. Es muy importante que tú, que yo, consideremos si de veras tenemos nuestras almas en tensión, ejercitando nuestra fe, para seguir las indicaciones del Maestro, las mociones de la gracia, que nos llegan de modo singular en la dirección espiritual, y nos impulsan al cumplimiento leal de los Mandamientos de Dios y de la Iglesia.

4. Venite post me, venid tras de mí. Jesús nos invita a seguirle, con Pedro, en la Iglesia: en comunión efectiva y afectiva con el Romano Pontífice y el entero Colegio Episcopal. Es en la barca de Pedro donde podemos escuchar la palabra imperativa y divinamente eficaz del Señor: ¡echad vuestras redes para la pesca! Como el Beato Josemaría, deseamos ser muy romanos, y esto supone —son sus palabras— «el deseo de agrandar el corazón, de abrirlo a todos con las ansias redentoras de Cristo, que a todos busca y a todos acoge, porque a todos ha amado primero»[14].

Hace cuatro días, hemos escuchado la misma invitación de Cristo en las palabras de su Vicario en la tierra, el Santo Padre Juan Pablo II: los cristianos estamos llamados «a colaborar en una nueva Evangelización que impregne los hogares, los ambientes profesionales, los centros de cultura y trabajo, los medios de comunicación, la vida pública y privada, de aquellos valores evangélicos que son fuente de paz, de hermandad, de entendimiento y concordia entre los hombres»[15]. También a nosotros, como a Pedro hace veinte siglos, en ocasiones nos parecerán humanamente poco razonables esas palabras; pero igual que los Apóstoles, fiados no en nuestra personal experiencia ni en nuestros razonamientos humanos, sino en la gracia divina, obedeceremos a Cristo y se realizará de nuevo el prodigio: recogieron gran cantidad de peces[16].

A la vez que estamos convencidos de nuestra poquedad, debemos empeñarnos en que nuestra vida sea auténticamente cristiana, de Cristo: será la red que, a pesar de su debilidad, arrastrará hacia el Maestro a muchas almas. Hemos de dar el testimonio de Cristo a todas horas, sin concedernos excusas ni pausas. Todos los momentos de nuestra vida han de estar dedicados a Dios, y todos los momentos —si correspondemos a la gracia— pueden ser la ocasión de que quienes nos tratan se encuentren con Dios.

5. La beatificación de Josemaría Escrivá de Balaguer ha convocado en Roma a multitud de mujeres y de hombres. Este hecho es como una representación tangible de lo que fue siempre el deseo de su vida: unir a todas las almas con la Iglesia y con el Papa, para llevarlas a Jesús por María. ¡A todos!, pues aunque seamos pocos en la inmensa muchedumbre de la humanidad, si damos plenamente nuestra vida a Dios, seremos como el grano de sal, capaz de dar sabor; como la pequeña cantidad de levadura, apta para fermentar toda una masa; como esos luceros que iluminan y dan relieve a la inmensa oscuridad del firmamento. «Lo que el alma es en el cuerpo eso son los cristianos en el mundo»[17]. Cristo, uno solo, dio su vida por todos[18], y cada uno de nosotros podremos ser sal, luz y levadura, si nos identificamos con El y damos nuestra vida para la gloria de Dios Padre.

Os recuerdo lo que tantas veces repetía el Fundador del Opus Dei: cada uno de nosotros debe ser «otro Cristo, el mismo Cristo»; y con El, identificados con El, nuestra vida corredentora hará que la Redención se cumpla eficazmente en muchas almas. No lo olvidemos: por ti, por mí, los que nos rodean, cristianos o no, pueden, deben, llegar a descubrir la espléndida aventura de vivir en Dios y para Dios, y transformarse luego en nuevos apóstoles.

Hoy, aquí, ante las sagradas reliquias del cuerpo del Beato Josemaría, pedimos a la Virgen Santísima, Esperanza nuestra, Esclava del Señor y Asiento de la Sabiduría, que presente nuestras acciones de gracias a la Santísima Trinidad: gratias tibi Deus, gratias tibi!. Y le rogamos también que nuestra respuesta a la vocación cristiana sea siempre como fue la de nuestro Fundador: un servicio constante, abnegado y alegre a Dios, a la Iglesia, al Romano Pontífice y a todas las almas. Así sea.

Nel pomeriggio si è svolta l'ultima celebrazione eucaristica del triduo di ringraziamento. Con Mons. Javier Echevarría, Vicario Generale dell'Opus Dei, hanno concelebrato trentotto sacerdoti della Prelatura.

Ecco il testo dell'omelia pronunciata da Mons. Echevarría:

Stiamo celebrando l'ultima delle Sante Messe di ringraziamento alla Santissima Trinità in occasione della beatificazione del nostro amatissimo Padre. Alla conclusione del Santo Sacrificio, le sue sacre spoglie, che abbiamo venerato per qualche giorno in questa Basilica di Sant'Eugenio, saranno riportate alla Chiesa prelatizia di Santa Maria della Pace. Nel solco di una antichissima tradizione cristiana collegata ai primi martiri, l'urna con il sacro corpo di nostro Padre sarà posta dentro l'altare. In questo modo verrà significata l'intima e profonda unione del Beato Josemaría a Gesù Cristo, al quale si era misticamente conformato in questa terra e con il quale è ora indissolubilmente identificato in Cielo.

1. Lauda, Jerusalem, Dominum, lauda Deum tuum, Sion[19]: glorifica il Signore, Gerusalemme; cantate inni di lode a Dio, tutti i figli di Dio. Queste brevi splendide parole dell'antifona d'ingresso della Messa di oggi, ci sembrano un riassunto della vita del Beato Josemaría, nostro carissimo Padre. Infatti, tutta la sua esistenza terrena è stata un costante e rinnovato impegno per rendere a Dio tutta la gloria; adesso, nella celeste Gerusalemme, nella Chiesa dei beati, significata dalla Sposa ornata dai suoi più bei gioielli, continua a lodare la Santissima Trinità, come abbiamo ascoltato nella prima lettura.

Fin dal momento in cui ebbe i primi presagi dell'Amore divino, nostro Padre si donò completamente al Signore. Volle mettere al suo servizio ogni pensiero, ogni affetto, ogni desiderio: la sua intera persona, anima e corpo, e tutto ciò che aveva. Nel corrispondere alle grazie operative che riceveva, lottò con tutte le sue forze per essere un buon figlio di Dio: un figlio innamorato, riconoscente, santamente orgoglioso del fatto di avere un Padre così grande e così buono. E in questo impegno quotidianamente rinnovato lo investì l'azione singolarissima dello Spirito Santo, che volle riempirlo —in modo perfino sensibile— della grazia della filiazione divina.

Nella seconda lettura, San Paolo ci assicura che anche lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede per noi, con gemiti inesprimibili[20]. All'inizio degli anni Trenta, il nostro Fondatore attraversava una situazione umanamente molto difficile. Da un canto, aveva la vivissima consapevolezza di essere uno strumento «inetto e sordo», di non avere le qualità adeguate per portare a compimento la Volontà divina. Dall'altro, portava su di sé, nella propria anima, l'angoscia derivata dall'oscurità più assoluta del suo orizzonte, l'apparente inefficacia della sua attività apostolica —negli anni successivi avrebbe ricordato che le anime gli scivolavano dalle mani «come le anguille»—, la assoluta mancanza di mezzi materiali, l'incomprensione... A tutto ciò bisognerebbe aggiungere le prime manifestazioni di odio e di persecuzione, allora sul punto di scatenarsi contro la Chiesa, che egli amava con tutta l'anima.

Era una giornata luminosa; il sole risplendeva con grande chiarore, come a Roma in questi giorni, quando il Beato Josemaría tornava a casa di sua madre. Nel tram, in mezzo alla gente, cominciarono a uscire dalle sue labbra —a fiotti, perché il suo cuore traboccava— le parole di questa tenera e filiale invocazione: Abbá, Padre! Si era verificato in lui, alla lettera, ciò che l'Apostolo Paolo scrive ai Galati: e che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbá, Padre![21]. Da quel momento, il senso della filiazione divina —che si trovava nel seno dello spirito dell'Opera fin dai suoi inizi, perché parte essenziale dello spirito cristiano— si configurò allora come il fondamento della vita spirituale dei membri dell'Opus Dei. Oserei adesso invitarvi a domandarci: quante volte al giorno cerchiamo la presenza di Dio, specialmente attraverso la filiazione divina? Ci consideriamo e ci comportiamo da veri figli di Dio?

2. Il Beato Josemaría, nostro amatissimo Padre, cercò senza posa il Signore: nella fatica e nel riposo, nella salute e nella malattia, nella quiete e nella contraddizione, nelle gioie e nei dolori. Guardò verso il Signore in ogni momento, sia quando toccava con le mani la sua grazia, sia quando attraversava momenti di aridità interiore, senza fermare mai lo sguardo nelle cose di quaggiù. Amò il Signore senza sosta, con ogni fibra della sua anima, con ogni energia della sua mente, con tutto il vigore della sua volontà; anche quando provò, perché così lo permise il Signore, l'amarezza dell'indifferenza o il freddo gelido della solitudine. Se si comportò sempre in questo modo, è perché si riconosceva... figlio di Dio!, investito dalla più alta e più nobile dignità che noi, umane creature, possiamo ricevere. Come ricordava il Papa Giovanni Paolo II nell'omelia della Messa di beatificazione, da questo vivo senso della filiazione divina, così caratteristico del nostro Fondatore, «traevano alimento il suo amore al Signore, il suo impeto evangelizzatore, la sua costante allegria, anche nelle grandi prove e difficoltà che dovette superare»[22].

Sebbene costantemente si sforzava nel ricominciare con garbo sempre nuovo il cammino dell'identificazione con Cristo, tale impegno crebbe incessantemente negli ultimi anni del suo percorso terreno: sembrava come se la Beatissima Trinità, che egli amava fino alla pazzia, lo attirasse a Sé con forza irresistibile. Mi vengono alla mente delle sue parole, pronunciate davanti al Tabernacolo, vibranti di adorazione e di amore, alla vigilia delle sue Nozze d'Oro sacerdotali. Si rivolgeva al Signore e gli diceva: «Tu sei chi sei: la Somma bontà. Io sono chi sono: l'ultimo straccio sporco di questo mondo marcio. E, tuttavia, mi guardi..., e mi cerchi..., e mi ami»[23].

Soffermiamoci un momento su queste parole del nostro carissimo Padre, perché riguardano anche ognuno di noi. Infatti il Signore chiama anche me e te, fin dall'eternità, per essere santi: ci aspetta ad ogni ora. E noi dobbiamo corrispondere come ha fatto nostro Padre: cercando, guardando, amando Dio. Così il nostro Fondatore invocava Dio nella sua orazione: «Signore: fa' che i miei figli ti guardino, ti cerchino, e ti amino. Signore: che io ti cerchi, ti guardi, ti ami»[24]. Possano davvero echeggiare nelle nostre anime, tutti i giorni, questi desideri di nostro Padre!

3. Buscar a Jesús. ¿Dónde le buscaremos? En el Pan y en la Palabra, en la Eucaristía y en la oración, en el Sagrario y en nuestra alma en gracia. Fomentemos, pues, nuestras hambres de estar física o espiritualmente junto al Tabernáculo. Mirar al Señor. ¿Dónde miraremos, para descubrir a Cristo? Pongamos decididamente nuestros ojos en la Santa Cruz, donde El se ofreció en holocausto por la redención de todos. ¿Y dónde le amaremos sin cansancio ni descanso, como es nuestro deseo? En las realidades ordinarias de la vida, en el trabajo, en nuestros amores nobles, en las mil incidencias de nuestro estar y convivir con todos, procurando acabar bien cada ocupación. El Beato Josemaría, nuestro Padre, que vela por cada uno de nosotros con más solicitud y eficacia que cuando se encontraba en la tierra, nos obtendrá de la Trinidad Beatísima la gracia de sabernos y sentirnos hijos de Dios en todos los momentos de nuestra jornada. Ahora goza ya de la Santísima Trinidad, ve a Dios cada a cara, y desde el seno de Dios nos mira, nos busca, y con su paternidad —que no ha perdido— nos ama a cada una, a cada uno, mientras nos anima a recorrer con lealtad total el camino que, como instrumento fidelísimo de Dios, ha abierto en la tierra.

Para hacer realidad estos propósitos, hemos de esforzarnos siempre, hasta el último suspiro, por encarnar más y mejor el espíritu de filiación divina que tan claramente nos señaló nuestro Padre. Me detendré en un pequeño suceso de su vida, ocurrido muy poco tiempo antes de que el Señor le llamara definitivamente a su presencia.

Era la fiesta del Corpus Christi de 1975. Como sin duda conocéis, en los últimos meses de su peregrinar terreno, a causa de unas cataratas que se le formaron en los ojos, nuestro Fundador había perdido casi completamente la visión. Leer le suponía un esfuerzo tremendo. Por eso, para celebrar la Santa Misa utilizaba —con la dispensa oportuna— un misal especial, con letras muy grandes —de unos dos centímetros de altura—, que contenía sólo la Misa votiva de la Virgen y la cotidiana de difuntos. Llegó esa gran solemnidad eucarística y, antes de acercarse al altar, nuestro Padre me preguntó: ¿qué Misa me has preparado? Le respondí que la de Nuestra Señora. Entonces, el Padre me contestó: pon la de la fiesta de hoy, la del Corpus; aunque me resulte costoso y haya de esforzarme mucho, quiero celebrar esta Misa en honor del Santísimo Sacramento, para desagraviar al Señor. Y añadió: hijo mío, ayúdame a ser más piadoso cada día. ¿No es conmovedor y aleccionador que quien estaba tan metido en Dios, pida ayuda para amarle más, para estar más con El? Acudamos a nuestro Padre, implorando con sinceridad: ayúdame a ser más piadoso, que lo necesito muy de veras.

Piedad. Amor filial a Dios y amor fraternal a todas las almas. En esto se gastó por entero la vida del Beato Josemaría. Así deseamos comportarnos tú y yo, con la gracia de Dios y con la intercesión de nuestro Padre. Esto requiere que cultivemos el espíritu de oración y de sacrificio; que nos esforcemos en el trato con el Señor, en la meditación personal y en la Eucaristía; que cumplamos lo mejor posible las prácticas de piedad cristiana; que vivamos delicadamente la fraternidad con los demás; que en la Prelatura estemos muy unidos al Prelado, al Padre, y a quienes le representan; que hagamos un incesante apostolado.

4. El afán de almas es consustancial con el mensaje de Cristo y, por tanto, con el espíritu del Opus Dei. La beatificación de nuestro amadísimo Fundador ha de suponer en todos nosotros un nuevo empeño en nuestro afán de alzar la Cruz de Cristo en la cumbre de las actividades humanas. ¡Cuántas personas, en todos los rincones del mundo, repiten con las palabras y con las obras aquel nolumus hunc regnare super nos[25], no queremos que éste reine sobre nosotros, que se lee en el Evangelio! Se empeñan positivamente en desterrar a Dios del horizonte de la sociedad civil, o viven como si Dios no existiese. Pues tú y yo, cada uno de nosotros, hemos de proclamar a los cuatro vientos, con nuestra conducta y nuestra voz, aquella exclamación que hacía vibrar al Beato Josemaría, nuestro amadísimo Padre: volumus Christum regnare!, ¡queremos que Cristo reine!

No nos retraigamos jamás del cumplimiento de esta imponente y divina misión, que nos compete por nuestra vocación cristiana. La llevaremos a cabo, bajo la guía del Supremo Pastor, el Romano Pontífice; en filial unión con nuestro Prelado y en comunión también con los demás Pastores de la Iglesia y con todo el pueblo fiel. ¿No veis cuántas almas esperan que les hablemos de Dios? Es la escena, perennemente actual, que nos presenta el Evangelio de la Misa, cuando nos habla de una inmensa multitud que se agolpaba en torno a Jesús para escuchar la palabra de Dios[26]. Así os sucede a vosotros en vuestro ambiente familiar, en vuestro lugar de trabajo y en el inmenso panorama de las relaciones humanas. Millones de almas esperan que les facilitemos el conocimiento de la doctrina cristiana, que les acerquemos a las fuentes de la gracia que son los sacramentos, especialmente a la Confesión y a la Eucaristía. Si somos dóciles a la voz de Cristo, como lo fueron los Apóstoles, la pesca será abundantísima: llevaremos a los pies de Jesús, dentro de las redes de la Iglesia, una gran cantidad de almas. Quizá entonces, maravillados ante la eficacia de esa pesca divina, venga a nuestro corazón la exclamación de San Pedro: ¡apártate de mí, Señor, que soy un hombre pecador![27]; al tiempo que tendremos necesidad de repetir con nuestro Padre: ¡no te apartes de mí, Señor, porque sin Ti no puedo nada! Y acudirá a nuestros labios esa tierna invocación filial: ¡Abbá, Padre!

Al terminar estas jornadas romanas, confiemos a nuestra Madre celestial los propósitos de mejora que el Señor, sirviéndose de la intercesión de nuestro amadísimo Padre, el Beato Josemaría, haya suscitado en nosotros. Con la ayuda de Santa María y de San José, que con tanto amor cuidaron al Hijo de Dios cuando era Niño, haremos nuestra en todo momento la actitud de Jesucristo ante la muchedumbre. «Cuando somos de verdad hijos de María comprendemos esa actitud del Señor, de modo que se agranda nuestro corazón y tenemos entrañas de misericordia. Nos duelen entonces los sufrimientos, las miserias, las equivocaciones, la soledad, la angustia, el dolor de los otros hombres nuestros hermanos. Y sentimos la urgencia de ayudarles en sus necesidades, y de hablarles de Dios para que sepan tratarle como hijos y puedan conocer las delicadezas maternales de María»[28]. Así sea.

Al termine della Messa, ha avuto luogo la solenne traslazione processionale del feretro del Beato Josemaría Escrivá presso la Chiesa prelatizia di Santa Maria della Pace, presieduta da S.E.R. Mons. Alvaro del Portillo.

Introdotta la celebrazione, il Prelato dell'Opus Dei ha incensato le sacre reliquie e ha dato inizio alla processione: mentre l'assemblea e il coro si univano al rito col canto del Salmo 83, il feretro del Beato è stato trasportato da otto diaconi fino all'ingresso della Basilica. Qui, nel commosso silenzio dei presenti, Mons. del Portillo ha pronunciato l'orazione finale e ha impartito la benedizione con una reliquia ex corpore del Beato Josemaría, invocando la sua intercessione sull'impegno di tutti i membri della Prelatura ad una fedeltà ancor più piena al suo esempio di santità. Al termine, mentre l'assemblea prorompeva in un lungo e spontaneo applauso, il feretro è stato portato sul piazzale antistante la Basilica.

Su di un furgone, preceduto dalla scorta d'onore della Polizia e dei Carabinieri, le sacre spoglie hanno percorso il breve tragitto che separa la Basilica di Sant'Eugenio dalla sede della Curia prelatizia dell'Opus Dei, tra ali di folla festante che salutava dai marciapiedi il passaggio del corteo. All'ingresso della Curia prelatizia, nuovi applausi da parte delle centinaia di persone che da alcune ore si erano radunate in attesa.

La cerimonia liturgica si è conclusa nella Chiesa prelatizia di Santa Maria della Pace, dove il feretro con le sacre reliquie del Beato Josemaría Escrivá è stato deposto all'interno dell'altare, in un'urna visibile ai fedeli. Su di essa si legge la scritta:

SACRVM CORPVS BEATI

IOSEPHMARIAE

ESCRIVA' DE BALAGVER

CONDITORIS OPERIS DEI

IX IANVARII MCMII XXVI IVNII MCMLXXV

[1] Ant. ad Com. (Ps. 111 [110], 1).

[2] Cfr. L II (Rm 8, 29); Conc. Vaticano II, Cost. past. Gaudium et Spes, n. 22.

[3] Cfr. I Cor 3, 16; 6, 19; II Cor 6, 16.

[4] Rm 10, 15; cfr. Is 52, 7.

[5] Giovanni Paolo II, Discorso, 18-V-1992.

[6] Cfr. Orazione della Messa in onore del Beato Josemaría Escrivá (cfr. Congr. De Cultu Divino et Disciplina Sacramentorum, prot. CD 537/92).

[7] Giovanni Paolo II, Discorso, 18-V-1992.

[8] Orazione dopo la Comunione per la Messa in onore del Beato Josemaría Escrivá (cfr. Congr. De Cultu Divino et Disciplina Sacramentorum, prot. CD. 537/92).

[9] Ps. (103 [102], 13-14).

[10] J. Escrivá de Balaguer, Es Cristo que pasa, n. 76.

[11] Ev. (Luc. 5, 4).

[12] Ioann. 12, 24.

[13] Juan Pablo II, Discurso, 18-V-1992.

[14] J. Escrivá de Balaguer, Homilía Lealtad a la Iglesia, 4-VI-1972, n. 11.

[15] Juan Pablo II, Discurso, 18-V-1992.

[16] Ev. (Luc. 5, 6).

[17] Ep. ad Diognetum, 5.

[18] Cfr. Ioann. 11, 15.

[19] Ant. d'Ingresso. (S. 147, 2).

[20] L. II (Rm. 8, 26).

[21] Gal. 4, 6.

[22] Giovanni Paolo II, Omelia nella beatificazione del Servo di Dio Josemaría Escrivá de Balaguer, 17-V-1992.

[23] Meditazione Consumados en la unidad, 27-III-1975.

[24] Ibid.

[25] Luc. 19, 14.

[26] Cfr. Ev. (Luc. 5, 1).

[27] Ev. (Luc. 5, 8).

[28] Es Cristo que pasa, n. 146.

Romana, n. 14, Gennaio-Giugno 1992, p. 55-66.

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