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Alcune testimonianze della Gerarchia ecclesiastica in occasione della promulgazione del Decreto sulle virtù eroiche del Venerabile Servo di Dio Josemaría Escrivá

Dopo la promulgazione del Decreto con cui la Congregazione delle Cause dei Santi ha dichiarato l'eroicità delle virtù del Fondatore dell'Opus Dei, il 26 giugno scorso, quindicesimo anniversario del transito del Venerabile Servo di Dio Josemaría Escrivá, è stato celebrato come giornata di ringraziamento alla Trinità. Alle Solenni Liturgie Eucaristiche celebrate in tutto il mondo hanno partecipato migliaia di persone e numerosi cardinali, arcivescovi e vescovi, che hanno voluto manifestare così la propria gioia per il nuovo passo della Causa di Canonizzazione del Fondatore dell'Opus Dei e la propria gratitudine per il servizio prestato dalla Prelatura a tutta la Chiesa.

Trascriviamo qui alcune delle testimonianze più significative dell'affetto e della devozione per il Venerabile Servo di Dio, rese nell'occasione da tanti Pastori.

Profilo umano e santità di vita del Fondatore dell'Opus Dei

Il Decreto sull'eroicità delle virtù del Venerabile Josemaría Escrivá, ha fatto da traccia alle riflessioni di molti Prelati, che hanno esposto le loro considerazioni su alcuni aspetti della spiritualità e della vita del Fondatore dell'Opus Dei.

Mons. Manuel Pérez_Gil, Segretario della Conferenza Episcopale messicana, pronunziando l'omelia davanti a circa ottomila persone nella Basilica della Madonna di Guadalupe, ha detto: «Concluso lo studio teologico e storico della Santa Sede, il Santo Padre dichiara formalmente che Mons. Escrivá fu fedele ai doni ricevuti da Dio durante la sua vita terrena. So che per la stragrande maggioranza dei presenti questa era una convinzione già acquisita. Molti di voi, grazie ad incontri personali o dei numerosi documenti filmati sul Servo di Dio, hanno sperimentato direttamente la forza di quest'uomo e hanno potuto verificare come la grazia, servendosi di lui come di uno strumento docilissimo in cui l'umano si intesseva mirabilmente col divino, operava su tantissime persone di nazioni e condizioni sociali molto differenti: laici e sacerdoti, che hanno fatto della vita cristiana una realtà quotidiana.

Voglio sottolineare anche la forza incontenibile dei suoi scritti, che "pubblicati in milioni di copie —come si legge nel Decreto—, sono paragonati ai classici della spiritualità". Il Venerabile Servo di Dio Josemaría Escrivá ha lasciato una feconda eredità di opere di vita cristiana eroica, aprendo al laicato una via di santità molto ampia: questo è un bene grande per la Chiesa universale».

Uno degli aspetti più trattati è stato quello relativo alla profonda unità tra le virtù umane e le virtù teologali nella vita del Fondatore dell'Opus Dei. Molti vescovi hanno sottolineato questo punto, mettendo in risalto la particolare attrattiva che la sua figura esercita sui fedeli proprio in forza della ricchezza di umanità che ne traspare.

Mons. Francesco Cosmo Ruppi, Arcivescovo di Lecce, ha messo in evidenza che la vita santa del Fondatore dell'Opera è stata caratterizzata proprio dall'aver vissuto in grado eroico «non solo le virtù teologali, ma anche le virtù cardinali".

Il Card. Lebrún, Presidente della Conferenza Episcopale venezuelana, durante la Santa Messa celebrata nella chiesa della Madonna di Chiquinquirá, a Caracas, ha ricordato un incontro personale con il Fondatore dell'Opera nell'anno 1975: «Mi sono trovato davanti ad un uomo simpatico, ricco di entusiasmo, con un carattere —potrei dire— aragonese, pieno di Dio e con i tratti caratteristici della sua terra natale: la grazia infatti non distrugge la natura, ma la perfeziona. Ho potuto scoprire in lui un uomo di Fede, una Fede profonda che lo spingeva a lavorare per la Chiesa, e soprattutto pieno di Amore: un amore grande per Dio, la Chiesa e tutti gli uomini. Questo amore fu ciò che lo ha ispirato e gli ha dato impulso per tutta la vita: l'amore, un grande amore. Per questo la sua figura è già vicina alla glorificazione; potremmo dire che essa riveste un'importanza speciale nel mondo di oggi».

Traendo da tali considerazioni alcune conseguenze pratiche il Cardinale ha aggiunto: «Bisogna riempire il mondo d'amore: dobbiamo portare a compimento una rivoluzione dell'amore. Questa è la rivoluzione voluta da Gesù. Io vi invito a seguire l'esempio di questa figura, della sua ascetica, della sua orazione, del suo amore all'Eucaristia e alla Madonna, della sua fedeltà alla Chiesa. Così colmeremo d'amore anche il nostro cuore e diffonderemo ovunque l'amore: nelle nostre case, nel nostro ambiente, tra i nostri colleghi di lavoro, in modo che la carità di Dio regni in tutti i cuori».

Mons. Maradei, Vescovo di Barcellona (Venezuela), si è soffermato sull'umiltà del Fondatore dell'Opera, illustrando l'espressione liturgica pauper servus et humilis, così cara a Mons. Escrivá: «Essere umili con autenticità evangelica, insegnare la verità nella carità, lavorare per la pace e vivere nella beata speranza della vita eterna: ecco il motto di questo sacerdote santo, che piange con coloro che piangono e si rallegra con coloro che gioiscono (cfr. Rm 12, 15)».

Fra gli aspetti della personalità del Venerabile Servo di Dio messi in maggiore evidenza spicca la sua grandezza di cuore, la spontanea sincerità con sui sapeva amare coloro che gli si avvicinavano, stimolandoli a cercare in tutto la gloria di Dio.

«La nostra celebrazione —sono parole di Mons. Veggio, Vescovo ausiliare di Verona— è soprattutto adorazione di Dio, nello spirito del Venerabile Escrivá che ha insegnato a ripetere sempre: "Sia fatta, si compia, sia lodata ed eternamente esaltata la giustissima e amabilissima Volontà di Dio su tutte le cose, amen, amen"».

Coloro che hanno avuto la possibilità di conoscere personalmente il Fondatore dell'Opus Dei rendono testimonianza di questo amore, che si rifletteva anche nei gesti più insignificanti. E' ciò che ha sottolineato il Vescovo di Chiclayo, Mons. Orbegozo: «Tra tanti ricordi emerge spesso nella mia memoria, sempre con commozione, il fatto che non ho mai ascoltato dalle sue labbra una parola indifferente o priva di un senso soprannaturale immediato. Dagli avvenimenti apparentemente più insignificanti —una notizia, un episodio simpatico o un racconto divertente, col quale cercavamo talvolta di alleggerire il peso che Dio aveva posto sulle sue spalle e di cui egli era molto grato— prendeva spunto per elevare il pensiero al Signore, fare qualche osservazione di carattere spirituale e offrirci una riflessione che arricchiva la nostra vita interiore. Era una chiara manifestazione del fatto che tutta la sua vita girava intorno alle parole e alla vita di Gesù, che egli conosceva profondamente e meditava quotidianamente. La sua esistenza era immersa in una profonda coscienza del mistero della filiazione divina».

La profonda vita interiore, l'intimità con Dio che impregnava perfino le azioni più minute del Venerabile Servo di Dio, è ciò che ha segnalato Mons. Domingo Roa, Arcivescovo di Maracaibo: «Mons. Escrivá de Balaguer fu innanzitutto un uomo che curò molto la propria vita spirituale, giungendo ad instaurare un profondo rapporto con Dio. Aveva una grande intimità con Lui. Lo possiamo considerare come un eroe della santificazione del lavoro nel mondo».

Molti vescovi hanno messo in risalto differenti aspetti dell'interiorità di Mons. Escrivá. Così, Mons. Maradei, Vescovo di Barcellona (Venezuela), ha fatto riferimento al suo amore per la Croce: «Il Venerabile Josemaría Escrivá de Balaguer, uomo del nostro secolo e uomo del Cielo, fu un apostolo di Cristo, perché ha seguito Gesù: è stato testimone della Resurrezione del Signore, e la Croce —quella del Redentore— è stata la sua cattedra, il suo altare e il suo trono».

Mons. Echarren, Vescovo di Las Palmas (Isole Canarie, Spagna), ha commentato la devozione eucaristica del Fondatore: «Don Josemaría, come tutti i testimoni fedeli di Gesù, capaci di vivere in modo esemplare le virtù cristiane, ha vissuto ogni Eucaristia come sacrificio di adorazione e di riparazione. La sua vita di santità e di servizio a Dio e agli uomini è stata interamente orientata alla gloria di Dio, che sta infinitamente al di sopra della gloria umana e del bene temporale: egli ha cercato la gloria eterna di tutti gli uomini, suoi fratelli».

Una sintesi significativa delle virtù di Mons. Escrivá è stata tracciata da Mons. Posadas, Arcivescovo di Guadalajara (Messico): «Non deve sorprendere che la Chiesa abbia dichiarato l'eroicità delle virtù di Mons. Escrivá de Balaguer: un'Opera di tale ampiezza comporta non poco sforzo, uno sforzo eroico. Potrebbe tanta fecondità scaturire da una vita mediocre? Non è forse vero che questa proliferazione meravigliosa è già testimonianza eloquente di eroicità di Fede, di Speranza, di Amore? (...). Non ha potuto essere un uomo piccolo colui che ha fatto quest'Opera: dovette essere un gigante, un gigante della santità».

L'impegno di Mons. Escrivá nell'assecondare le più piccole ispirazioni dello Spirito Santo e il suo strenuo zelo apostolico fecero sì che egli riuscisse a portare a compimento un'attività sacerdotale straordinariamente intensa. Quest'aspetto è stato sottolineato da Mons. Plöger, Vescovo ausiliare di Colonia: «"Io sono un sacerdote che parla soltanto di Dio", soleva dire Mons. Escrivá. Ed effettivamente lo zelo con cui parlava di Dio lo portava ad esaurire tutte le energie fisiche. Negli anni trenta soffrì una lunga malattia che i medici diagnosticarono come esaurimento fisico. Predicava la parola di Dio fino a dieci ore al giorno. Lo stesso accadde negli anni sessanta e settanta, quando sentì in modo particolarmente pressante l'urgenza di confermare migliaia di persone nella fede e di avvicinarle a Dio. Grazie agli incontri con lui, innumerevoli persone sono tornate a riscoprire il sacramento della Penitenza, l'orazione personale e l'immenso valore dell'Eucaristia».

Anche l'Arcivescovo di Guayaquil (Equador), Mons. Larrea, ha esaltato lo zelo sacerdotale del Fondatore dell'Opus Dei: «La santità esige una crescita costante nella virtù, la cui cifra fondamentale è la Carità. L'amore di Dio e l'amore del prossimo traboccavano dal cuore di Mons. Escrivá, il quale ci faceva osservare spesso che noi uomini abbiamo un solo cuore: lo stesso cuore con cui si amano i genitori, il marito o la moglie, i figli o gli amici, quello stesso cuore dobbiamo offrirlo a Dio. Quest'unica carità, dalla duplice dimensione, lo spinse a sacrificarsi senza misura al servizio della Chiesa e delle anime».

«Il Servo di Dio Mons. Escrivá —ha detto Mons. Wilton D. Gregory, Vescovo ausiliare di Chicago— era un uomo che amava appassionatamente Gesù. Durante i suoi cinquant'anni di sacerdozio il suo amore per la Chiesa e il suo desiderio di servirla si sono espressi (...) nell'invito incessante, da lui rivolto a tutti gli uomini e a tutte le donne, a prendere sul serio la chiamata personale alla santità».

Mons. Pantin, Arcivescovo di Port_of_Spain (Trinidad_Tobago), ha illustrato l'esempio di obbedienza del Servo di Dio al Papa e al Magistero: «Se dovessi segnalare la caratteristica che me lo rende più amabile, in questo momento della storia della Chiesa, direi che è la sua indiscussa lealtà al nostro Santo Padre, il Papa. Da questo punto di vista, infatti, viviamo un'epoca molto turbolenta e l'unica cosa che può salvare la Chiesa è stringerci attorno al Santo Padre».

In termini simili si è espresso l'Arcivescovo di Napoli, Card. Giordano, in un articolo pubblicato sulla Rivista Diocesana: «Se dovessi additare un aspetto del suo modo di fare che mi piace particolarmente direi senz'altro l'amore alla Chiesa, l'unità con la Gerarchia. Uno spirito di servizio fatto di abnegazione e di semplicità, incondizionato, nel rispetto del carisma fondazionale. E questo spirito lo ha saputo trasmettere integralmente ai suoi figli sacerdoti e laici, celibi e sposati».

Mons. Veggio, Vescovo ausiliare di Verona, ha fatto riferimento nella sua omelia ai genitori di Mons. Escrivá, prendendo spunto dal ruolo dei genitori nella formazione dei figli. «La Chiesa —ha detto— non avrebbe potuto inserire nel catalogo dei santi alcune persone se queste non fossero state preformate a compiere i disegni di Dio da genitori profondamente credenti ed eroicamente praticanti (...). Credo atto di giustizia attribuire grande parte della vita santa e delle opere buone (...), ai genitori del Venerabile Escrivá, per la formazione con la quale l'hanno preparato a compiere la volontà di Dio. Più volte egli stesso lo ha manifestato. E credo che rilevare questo merito sia gradito a lui».

Dopo aver considerato alcuni tratti salienti delle virtù dei genitori del Servo di Dio, Mons. Veggio ha così concluso: «La sua risposta alla vocazione, la sua vita santa, la sua attività sacerdotale, il suo apostolato che continua (...), tutto è stato preparato e guidato da Dio mediante l'esempio, il sacrificio, l'insegnamento e la vita cristiana dei suoi genitori.

Non ho parlato della vita santa, né delle opere di Mons. Escrivá, ma credo di aver fatto omaggio a lui parlando dei suoi genitori. Il Signore ci ha insegnato che dai frutti si conosce l'albero. Da un figlio santo si conoscono le radici dell'albero, i genitori. Quando Mons. Escrivá sarà glorificato, non siano dimenticati coloro che lo hanno formato alla santità».

Un ampio cammino di santità

Un aspetto comune alle omelie di molti presuli è stato il riconoscimento esplicito dell'importante ruolo svolto dal Fondatore dell'Opus Dei nella Chiesa. Egli fece giungere a milioni di fedeli il messaggio della chiamata universale alla santità, come ha ricordato l'Arcivescovo di Manila, Card. Sin: «Il Venerabile Josemaría Escrivá ha riaffermato tenacemente il mandato che Gesù rivolge a tutti gli uomini e a tutte le donne: siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste. Non si tratta di una mera proposta, un consiglio, ma di un precetto che vincola tutti noi».

L'incidenza ecclesiale di questo insegnamento è vastissima e destinata ad offrire un contributo sempre crescente all'evangelizzazione nel mondo di oggi.

Mons. Turcotte, Arcivescovo di Montreal, ha elencato alcuni degli aspetti teologici racchiusi nel messaggio spirituale del Fondatore dell'Opus Dei. Dopo aver ricordato che esso può riassumersi nella chiamata a perseguire la santità nelle circostanze della vita quotidiana, l'Arcivescovo canadese ha così continuato: «L'affermazione è evidente e non sorprende chi conosce il Vangelo. Il problema risiede nel fatto che, per molti secoli, la vocazione universale alla santità ha finito per essere intesa come chiamata per pochi eletti: sacerdoti, religiosi, religiose e alcune persone consacrate che vivono nel mondo. Per tutti gli altri, essa è stata ridotta al rango di chiamata a una vita cristiana onesta, e nulla più.

Con una forza di convinzione non comune, Mons. Escrivá ha affermato l'insufficienza di una simile riduzione. Persino prima che il Concilio Vaticano II lo proclamasse chiaramente nei propri testi, il Fondatore dell'Opus Dei mise in rilievo la necessità di collegare inequivocabilmente la chiamata alla santità alla condizione di battezzato. Non è in virtù di un carisma singolare e specifico, né per il fatto di svolgere un particolare ministero, che un uomo o una donna cristiana devono impegnarsi radicalmente nella sequela di Cristo, ma in virtù del loro Battesimo».

Un riconoscimento della piena conformità dell'insegnamento di Mons. Escrivá con la dottrina che sarebbe poi stata proclamata dal Concilio Vaticano II è stato fatto anche da Mons. Mariano Magrassi, Arcivescovo di Bari: «Il Concilio ha affermato che tutti siamo chiamati alla santità; e questo lo ha detto prima il Servo di Dio. Tutti chiamati alla santità nel lavoro professionale: tu nel tuo ufficio, se sei impiegato; se sei casalinga, nella tua casa; se sei commesso di negozio, nella tua bottega. Cioè nella vita ordinaria, nelle circostanze ordinarie della vita. Non aspettiamo i momenti straordinari, che non vengono mai. Ci si santifica nell'ordinario. Così ha fatto Maria Santissima che, dopo Cristo, è il primo modello di santità: nella sua vita a Nazaret, come casalinga che andava ogni giorno ad attingere l'acqua al pozzo. Lì si è santificata (...) la piena di Grazia».

La conseguenza immediata della vocazione universale è il dovere di raggiungere la santità nel proprio stato: nella professione, nella vita familiare e sociale. «Mons. Escrivá ci dice con molta chiarezza —sono parole di Mons. Grimaldi, Arcivescovo di Salerno— che la volontà di Dio sta nell'adempimento dei doveri del nostro stato. Quindi fare bene i doveri del nostro stato significa attuare il progetto di Dio su di noi».

Il Card. Luis Aponte, Arcivescovo di San Juan de Puerto Rico, ha anch'egli messo in luce questo aspetto: «Il Venerabile Josemaría Escrivá insiste nel dirci che è possibile essere insieme un buon cristiano e un professionista esemplare. Non ci dice soltanto che possiamo esserlo, ma che dobbiamo esserlo e proiettare e comunicare tale santità agli altri. Ma "le opere sono amore, non i bei ragionamenti": dunque il modo migliore di comunicare agli altri tale anelito sta nella nostra stessa vita, nelle nostre opere. Voi sapete che oggi ci troviamo davanti a una terribile dicotomia: molti dei cristiani praticanti purtroppo non si comportano in modo coerente con la fede. Nessuno ha detto che la vita cristiana sia facile, ma oggi sembra soprattutto necessario ricordare che essa non costituisce un ideale impossibile. Rendere coerenti con la fede l'attività lavorativa, gli affari, l'impresa, è possibile. Ed è proprio questa la lezione che ci viene dal Venerabile Josemaría».

Conseguenza immediata della ricerca dell'unione con Dio nelle realtà temporali è l'unità di vita del cristiano, il suo impegno a trasformare le attività apparentemente più insignificanti in occasione di incontro con il Signore e di esercizio di tutte le virtù cristiane. Questa verità ha costituito il nucleo centrale dell'omelia pronunciata dal Card. Hengsbach, Vescovo di Essen: «Mons. Escrivá voleva che tanto il battesimo quanto la vita nel mondo fossero compresi in tutta la loro radicalità. Non c'è bisogno di alcuna ulteriore legittimazione per potere aspirare alla santità; non è necessaria nessuna speciale missione per fare apostolato. Non ci possono essere cristiani divisi, che vanno ondeggiando come un pendolo tra Dio e il mondo, ma uomini tutti d'un pezzo, che "si impegnano a scoprire gli splendori divini riverberati nelle realtà più banali" (Colloqui, n.119)».

Mons. Grab, Vescovo di Ginevra, ha fatto propria l'insistenza con cui Mons. Escrivá raccomandava ai fedeli laici di svolgere l'apostolato sempre in unione coi loro pastori, ma allo stesso tempo con un vivo senso di responsabilità personale. Il presule ginevrino ha anche esortato tutti i presenti a raggiungere un'autentica unità di vita, perché la santità di cui ha maggiormente bisogno la società contemporanea nasce dalla piena armonia fra azione e contemplazione.

L'Arcivescovo di Valencia (Spagna), Mons. Miguel Roca, ha ricordato che la chiamata alla santità deve coinvolgere la totalità dell'esistenza umana. Per illustrare il contenuto di questa verità si è servito, a modo di esempio, di alcuni aspetti della vita cristiana che occupano un ruolo centrale nel magistero spirituale del Fondatore dell'Opus Dei: «La partecipazione alla Santa Messa; le pratiche di pietà —orazione e assidua ricezione dei Sacramenti—; la coerenza tra fede e condotta nel lavoro, nel riposo o nel divertimento; lo sforzo per rendere piacevole la vita a coloro che ci circondano; l'impegno di avvicinare parenti e amici alla fede e al sacramento della Confessione; sorridere anche quando accusiamo un malessere fisico o siamo di cattivo umore; perseverare nel lavoro al termine di una giornata faticosa, anche quando ci sentiamo stanchi; la vigilanza nell'educazione dei figli; la cura dei particolari che rendono accogliente il focolare domestico; la testimonianza coraggiosa della fede, quando l'ambiente ostile tende a gettare il ridicolo su ogni pensiero religioso... Queste sono alcune delle occasioni attraverso le quali possiamo riempire di piccoli atti eroici la nostra giornata o, al contrario, comportarci con una mediocrità che ci impoverirebbe spiritualmente, perché ci rende egoisti e ci allontana da Dio e dagli altri».

Fondamento di tutta la dottrina del Venerabile Servo di Dio è la consapevolezza gioiosa della nostra filiazione divina in Cristo. Questo elemento è stato richiamato, fra gli altri, da Mons. Grimaldi: «Tutte le nostre cose hanno un valore trascendente perché noi siamo figli di Dio. La filiazione divina è come il cuore di tutta la spiritualità di Mons. Escrivá, perché ogni qual volta uno di noi vive questa unione con Dio, che nasce dal Battesimo, egli agisce come figlio di Dio, costruisce il regno di Dio».

La proiezione apostolica dell'Opus Dei

L'edificazione del regno di Dio, cui contribuisce ogni cristiano quando cerca la santità, ha una ripercussione apostolica immediata e ridonda a beneficio di tutta la Chiesa. Anche questo aspetto è stato messo in luce in molte delle omelie pronunciate lo scorso 26 giugno. «E' stato un insegnamento continuo di Mons. Escrivá —ha affermato Mons. Manuel Pérez_Gil, Segretario della Conferenza Episcopale messicana— che tutti i cristiani hanno una grave responsabilità nella Chiesa».

Approfondendo tale realtà, Mons. Quintero Arce, Arcivescovo di Hermosillo (Messico), ha precisato che la fecondità di ogni attività apostolica poggia sulla vita interiore: «Ogni qual volta rileggo le vibranti parole pronunciate dal Papa nella Basilica della Madonna di Guadalupe: "Uomini e donne cattolici del Messico, la vostra vocazione cristiana è, per sua stessa natura, vocazione all'apostolato", mi torna alla memoria l'insegnamento di Mons. Escrivá: "non c'è apostolo senza orazione"».

Dalla Dichiarazione pontificia sull'eroismo raggiunto dal Fondatore dell'Opus Dei nell'esercizio delle virtù cristiane scaturisce dunque un vigoroso incoraggiamento ad imitare il suo esempio. Lo ha osservato il Card. Poletti, Vicario del Papa per la diocesi di Roma e Presidente della Conferenza Episcopale italiana, in un articolo pubblicato da un importante quotidiano: «Mons. Escrivá aveva detto che l'Opus Dei veniva ad aprire a tutti, senza escludere nessuno, "i cammini divini della terra". Abbiamo ora un'ulteriore conferma che quei "cammini della terra" sono veramente "divini", santificabili in sé stessi. Egli aveva insegnato che si può e si deve essere santi, essere perfettamente fedeli a Dio, rimanendo fedeli alla propria vocazione umana di madri o padri di famiglia, di lavoratori e professionisti, di persone interamente coinvolte nelle vicende terrene, correndo il rischio della libertà e della responsabilità; ora, la santità della sua vita di sacerdote secolare manifestata attraverso la pratica eroica delle virtù nelle circostanze ordinarie, si conferma come fonte di ispirazione per tutti i cristiani bisognosi di esempi attuali e incisivi che li guidino a trasformare la propria esistenza in un fecondo servizio a Dio e agli uomini».

Evidenziando la stretta connessione tra l'esistenza del Venerabile Servo di Dio e l'Opera cui ha dato vita, molti prelati hanno affermato che l'ampia attività apostolica svolta dall'Opus Dei a beneficio di tutta la Chiesa costituisce un frutto dall'orazione, della mortificazione e dell'azione instancabile del Fondatore. Così Mons. Squicciarini, Nunzio di Sua Santità in Austria, commentando il testo di San Matteo che riporta le parole con cui Gesù comandò agli apostoli di evangelizzare tutte le genti, ha detto: «Conformemente al carisma del Fondatore, l'Opus Dei fa in modo che in tutti i continenti e tra persone di tutti gli strati della società sia ascoltato questo mandato divino. E non solo in modo astratto e teorico, ma concreto e pratico, mediante un'instancabile lavoro formativo, mediante l'unità viva col Papa e con i vescovi, per mezzo di una fedeltà indiscussa al Magistero della Chiesa, unita ad un atteggiamento di piena apertura ai segni dei tempi; senza capitolare di fronte alle difficoltà che sembrano opporsi alla nuova evangelizzazione cui il Santo Padre ci richiama».

Nel contesto dell'evangelizzazione della società, il Card. Poupard, Presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura, ha pubblicato un articolo che sottolinea la fecondità dell'attività pastorale del Fondatore dell'Opus Dei. E Mons. Domingo Roa, Arcivescovo di Maracaibo, ha esaltato la sollecitudine di Mons. Escrivá per l'università: «Egli ha impregnano di senso cristiano l'università, mediante la formazione di una pleiade di uomini integri, tesi a cristianizzare la cultura non in gruppo o in equipe, ma ciascuno personalmente dal proprio posto». E ha aggiunto: «Sono molto grato per il lavoro dell'Opus Dei in questa comunità di Maracaibo, per questo lavoro silenzioso con cui i suoi membri aiutano gli altri nei diversi ambienti».

Mons. Chirivella, Arcivescovo di Barquisimeto, ha ricordato l'eroica premura di Mons. Escrivá nella promozione e nella formazione delle vocazioni sacerdotali: «Non solo si è adoperato nella formazione dei laici, che attuano la propria vocazione cristiana nella vita ordinaria, ma ha visto anche la necessità di donare alla Chiesa sacerdoti esemplari, in grado di orientare gli altri verso Dio. Per questo, se potessimo parlare di trofei, io credo che la sua vita sia stata coronata da un trofeo magnifico: aver portato al sacerdozio molte centinaia di uomini».

Molti fra i rappresentanti della Gerarchia intervenuti nelle solenni Messe di ringraziamento hanno invitato gli assistenti a rendere grazie a Dio per il dono da lui elargito alla Chiesa nella persona del Fondatore dell'Opus Dei. Il Vescovo ausiliare di Calí (Colombia) ha così esortato i partecipanti alla Santa Messa da lui officiata: «Carissimi fratelli, oggi più che mai la Chiesa ci invita, dinanzi all'esempio di Mons. Escrivá, a domandarci nell'intimità del nostro cuore: riuscirò a essere santo? Ho veramente intrapreso, come vescovo, come sacerdote, come lavoratore, come scienziato, sposo, madre di famiglia, il cammino della santità?».

L'invito a rivolgersi all'intercessione del Venerabile Josemaría Escrivá, formulato da molti vescovi intervenuti alle funzioni liturgiche di commemorazione del XV anniversario della sua scomparsa, ci sembra la migliore conclusione di questa breve rassegna. Ecco le parole di Mons. Ramírez Roa, Vescovo di San Cristóbal (Venezuela): «Gli sono molto grato perché anche noi ci siamo raccomandati al Servo di Dio, affidando alla sua mediazione favori importanti e abbiamo potuto sperimentare che egli si trova davvero molto vicino a Dio, perché ci ha sempre ascoltato molto rapidamente».

Romana, n. 11, Luglio-Dicembre 1990, p. 238-247.

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